Fermare l'odio by Luciano Canfora

Fermare l'odio by Luciano Canfora

autore:Luciano Canfora [Canfora, Luciano]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: i Robinson / Letture
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2019-12-03T23:00:00+00:00


3.

Nel quadro di una più generale diseducazione di massa, spesso barattata per «modernità», c’è da constatarne uno specifico aspetto: il deperimento dell’educazione all’antifascismo. (Qualche venditor di fumo ha anche coniato per sé l’etichetta fortunata di anti-antifascista.)

Stanchezza? Forse! Ignoranza: certo. Clima generale. Ma anche effetto negativo (sul versante antifascista), per esempio nella scuola, di una comunicazione di tipo catechistico e apodittico, povera sul piano storiografico e documentario: controproducente come tutti i catechismi. Il fatto che giovani e giovanissimi, nelle nostre scuole – pur dopo lo sforzo illustrativo e commemorativo in occasione di ricorrenze capitali (da ultimo l’LXXX delle «leggi razziali») –, si proclamino orgogliosamente «fascisti» non è una febbricola passeggera di cui disinteressarsi. Si tratta dell’indicatore di qualcosa che ha radici. Avranno imparato nelle loro famiglie, e queste, a loro volta – se consideriamo il succedersi delle generazioni –, dalle «maggioranze silenziose» degli anni Sessanta e Settanta. La cui frangia più militante ‘flirtò’ con la trama nera che ha avvelenato la vita della nostra Repubblica. Frangia che a sua volta lambiva la generazione di Salò: celebre la foto di Almirante ostentatamente munito di bastone, in vista tra i suoi «picchiatori», sulla scalinata di Lettere nella Città universitaria di Roma. Forse Emilio Gentile se la ricorda ancora.

Un cambiamento antropologico si era venuto man mano realizzando. Lo si vide quando il movimento fondato e finanziato da Berlusconi (la cui visione della storia italiana era: il fascismo ha fatto alcune cose buone, il nemico è il comunismo) subentrò, al centro dello schieramento politico italiano, ad un partito quale la Democrazia Cristiana, il cui vertice era stato invece convintamente antifascista. Quel movimento sembrò svilupparsi con la velocità di una fungaia dopo la pioggia, ma veniva da lontano.

Ed è stato appunto l’autoscioglimento della Democrazia Cristiana la rivelazione dell’avvenuta mutazione e, al tempo stesso, il trauma che ha consentito lo sprigionarsi di un magma che non si era mai spento: l’Italia che aveva applaudito, in estasi, Mussolini all’apice del consenso; che nell’immediato dopoguerra si era accovacciata sotto la sirena del qualunquismo; un’Italia frastornata e sospettosa che la Democrazia Cristiana aveva recuperato e convogliato, tra difficoltà e incomprensioni e nella difficile e costringente cornice della guerra fredda.

Oggi abbiamo gli elementi conoscitivi per comprendere la differenza rispetto a ciò che è venuto dopo. Un episodio va ricordato, a suo modo emblematico. Nella tempestosa e drammatica seduta pomeridiana del 14 luglio 1948, al Senato, mentre esplodeva nel paese la rivolta spontanea innescata dall’attentato, quella mattina, contro Palmiro Togliatti, e qualcuno chiedeva – e altri paventavano – la mano dura e una sommaria resa dei conti, un dirigente della DC, già esponente della Resistenza fiorentina, Adone Zoli, dichiarò con tutta l’energia e l’impegno che la circostanza richiedeva: «Fino a quando vi saranno alla testa della Democrazia Cristiana gli uomini che vi sono attualmente nessuno in Italia sarà posto fuori della legge e tutti i cittadini avranno parità di diritti, parità di rispetto».

Questo affermava, mentre l’ambasciata statunitense a Roma richiedeva che si mettessero fuori legge i comunisti. Il che effettivamente avvenne, pochi



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